Noam Chomsky, rinomato linguista e scienziato cognitivo, ha sollevato domande stimolanti sulla natura dell’intelligenza artificiale e il suo ruolo nel contesto della cognizione umana. In una dichiarazione rilasciata a marzo 2023 al The New York Times, Chomsky ha messo in discussione il termine comunemente usato “Intelligenza Artificiale”, suggerendo che potrebbe essere più appropriato definirlo come “software di plagio”.
Chomsky inizia tracciando un netto contrasto tra la mente umana e i sistemi di intelligenza artificiale come ChatGPT.
Egli sostiene che la mente umana operi in modo fondamentalmente diverso da queste macchine. Mentre l’IA si basa su vaste quantità di dati e correlazioni statistiche per generare risposte, la mente umana opera con una quantità finita di informazioni. Invece di cercare semplicemente correlazioni nei dati, essa si sforza di creare spiegazioni.
Questa distinzione è cruciale.
I sistemi di IA come ChatGPT eccellono nel mimare risposte simili a quelle umane, ma il loro approccio è fondamentalmente diverso. Non possiedono una comprensione autentica o creatività; sono essenzialmente macchine di riconoscimento di pattern. L’argomento di Chomsky è che il termine “Intelligenza Artificiale” potrebbe trarci in inganno, suggerendo un livello di pensiero e creatività simile a quello umano che questi sistemi non possiedono.
Chomsky suggerisce in modo provocatorio che questi sistemi di IA dovrebbero essere chiamati “software di plagio” perché non creano nulla di originale. Invece, copiano e modificano opere esistenti per generare nuovo contenuto che potrebbe sfuggire alle restrizioni sul copyright. Questa visione mette in discussione l’idea che l’IA possa genuinamente creare arte, letteratura o qualsiasi forma di espressione originale.
L’analogia di Chomsky con l’arrivo dei colonizzatori europei nelle comunità indiane enfatizza l’entità di ciò che egli considera un furto di proprietà intellettuale. Egli insinua che la capacità dell’IA di replicare e modificare opere esistenti rappresenti una sfida significativa alle tradizionali nozioni di creatività e autorialità.
In conclusione, la critica di Noam Chomsky all'”Intelligenza Artificiale” ci costringe a riconsiderare la terminologia che usiamo quando discutiamo dei sistemi di IA. Sebbene queste macchine siano indubbiamente strumenti potenti, esse non sono una vera replica dell’intelligenza e della creatività umane. L’appello di Chomsky a definirle come “software di plagio” ci spinge a riflettere in modo più critico sulle capacità e i limiti dell’IA nel nostro sempre più rapido panorama tecnologico in evoluzione.
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