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La crisi provocata dal Coronavirus sta impattando drasticamente sul mondo del lavoro, trasformandolo. Si delinea un nuovo scenario dove lo smart working diventa la nuova normalità, il capitale umano acquisisce il proprio valore centrale e i team di HR devono ridisegnare il proprio ruolo.

Un cambio di paradigma che, con il ritorno alla produttività nella Fase 2 dell’emergenza, richiede un ulteriore sforzo di adattamento, nuove regole e un approccio completamente diverso. Un modello più agile, che passa anche attraverso i dati e il cloud, da armonizzare all’interno dei processi di trasformazione digitale già intrapresi dalle aziende.

Ma quanto le imprese sono pronte a ripartire in queste nuove modalità? L’incontro virtuale con Workday ci fornisce alcune indicazioni, grazie alle testimonianze dirette delle imprese.

Sanofi, reattivi perché pronti

A partire da Sanofi. È Laura Bruno, direttore risorse umane, Sanofi Italia e Malta, a condividere i programmi per la Fase 2 dell’azienda, che entrano in azione l’11 maggio“Ci siamo mossi con un comitato di crisi già a partire da gennaio-febbraio – racconta – per garantire la continuità dei nostri siti produttivi (Sanofi ne conta 4, oltre ai 3 uffici, con headquarter a Milano). Come azienda sanitaria con grossa presenza di personale di informatori medico-scientifici che svolgono l’attività presso ospedali e studi medici, abbiamo dovuto affrontare da subito l’esigenza di tenere i nostri siti aperti a ciclo continuo; sono stati rivisti i turni di lavoro a favore della flessibilità attivando lo smart working e con una risposta eccezionale da parte dei dipendenti, peraltro già abituati a lavorare in questa modalità due giorni a settimana; abbiamo chiuso l’azienda ai visitatori, sospeso i viaggi e innalzato le misure di sicurezza dotando il personale di attrezzature, kit e una serie di supporti medici, compresi sostegni psicologici, oltre a training sulla resilienza formazione”.

Il rientro dei dipendenti di Sanofi in questa nuova fase avviene a ranghi ridotti e coinvolge una quota massima pari al 20% del personale. L’azienda spinge ancora il lavoro da remoto e la videoconferenza almeno fino a giugno, spiega Bruno, che sottolinea: “alla base di tutto c’è comunque un mix tra regole e responsabilità individuale, delega e fiducia, oltre che vicinanza, l’elemento più apprezzato dal dipendente in questa fase. Questo periodo servirà proprio per rinforzare i nostri valori della solidarietà e del teamwork tra colleghi. Strategico in questo contesto è l’ingaggio delle Human Resource per dar vita ad un comitato di crisi che prenda decisioni molto rapide e tempestive rispetto alle esigenze del momento, anche dal punto di vista governativo”.